COACHING: FACILITA IL CAMBIAMENTO, NON ELIMINA LA FATICA

Quando si decide di intraprendere un percorso di coaching bisogna essere pronti a fare fatica e a scoprire parti di sé che sono solitamente sepolte sotto strati di abitudini e bias. Durante le sessioni di coaching si acquisisce una maggiore chiarezza sui propri obiettivi, oltre che direzione e motivazione. Il coaching aiuta ad affrontare differenti tipe di sfide sia nella sfera personale sia in quella professionale: si tratta di un percorso che facilita il cambiamento. Cambiare però è faticoso. Passare dalla consapevolezza all’azione per far succedere il cambiamento desiderato può significare affrontare diverse resistenze.

PERCHE’ CAMBIARE È FATICOSO

Il nostro cervello è programmato per sopravvivere e per risparmiare energia. Le energie si risparmiano quando si inserisce il pilota automatico: in altre parole, l’abitudine costituisce una zona di comfort dove, anche se non stiamo proprio benissimo, almeno ci sentiamo sicuri. Qui sappiamo come muoverci senza investire risorse preziose. Per questo motivo, cambiare le abitudini e uscire dalla zona di comfort risulterà faticoso. 

Oltre che da fattori neurologici, la resistenza al cambiamento può essere costituita da fattori psicologici o comportamentali: per esempio, anche se il cambiamento potrebbe portare a benefici a lungo termine, il rinforzo positivo associato alle vecchie abitudini può rendere difficile mettere in pratica azioni che non portano gratificazione immediata e che anzi, potrebbero significare dover affrontare un giudizio sociale o la ridefinizione della propria identità.

Nel percorso di coaching, l’emergere di queste resistenze e boicottaggi è un evidente segnale di un cambiamento in atto. In gergo, diciamo che oltre al/alla coach e al/alla cliente, in sessione è presente anche un terzo incomodo: il sabotatore.

CHI È IL SABOTATORE?

È il naturale compagno di viaggio durante il processo evolutivo.

Il sabotatore si manifesta come un dialogo interno negativo che ci trattiene nella nostra realtà. Non si tratta semplicemente di un’opposizione al cambiamento, bensì dell’incertezza e, in alcuni casi, della paura che accompagna tale cambiamento. 

La nostra voce interiore spesso attua dialoghi sabotatori a causa di condizionamenti e insicurezze radicate. Essa è il riflesso di pensieri e credenze limitanti sviluppati nel corso del tempo e influenzati da aspetti familiari e socio-culturali, ma non solo.

Il sabotatore agisce in modo da ostacolare il processo di sviluppo attraverso varie strategie, tra cui:

  • la riduzione della motivazione;
  • la continua creazione di ostacoli; 
  • l’instillazione di dubbi;
  • talvolta, persino la generazione di sintomi fisici. 

Di solito, il sabotatore emerge quando si è prossimi a un cambiamento, costituendo quindi un segnale positivo che richiede particolare attenzione. Quando si sperimentano cambiamenti o sfide il nostro dialogo interiore può rappresentare un meccanismo di autodifesa che, sebbene possa sembrare controproducente, cerca di preservare un senso di sicurezza e stabilità.

Uscire dalla zona di comfort significa avventurarsi in una zona di apprendimento: qui gli individui faranno esperienze, affronteranno nuove sfide commetteranno errori. L’apprendimento è un processo continuo e naturale, che ci accompagna tutta la vita: il sabotatore è quella voce che non vuole farci fare fatica e che ci protegge dall’errore, ma che, in un certo senso, non vuole vederci evolvere.

COME SI ESPRIME IL SABOTATORE?

Il sabotatore utilizza un linguaggio facilmente riconoscibile.

Se durante una sessione il o la cliente utilizza una o più di queste frasi siamo in presenza del sabotatore:

  • Non posso/ Non è possibile/ Non ci posso fare niente
  • Non cambierà mai/ Non c’è modo/A cosa serve/ Per quale ragione dovrebbe
  • È troppo tardi/presto/ Sì, ma/ Avrei dovuto se…/ Vorrei, ma…
  • È colpa di/ Mah…/ Non ha senso

Il sabotatore va incoraggiato a esprimersi e va ascoltato attentamente. A volte anche il solo ascolto è sufficiente per far sì che il o la cliente superi questa fase di resistenza. Quando dubbi e paure trovano lo spazio protetto per uscire allo scoperto e vengono riflessi dal o dalla coach si sgonfiano e recuperano il “giusto peso” agli occhi del o della cliente. 

In altri casi invece, bisogna collaborare con il sabotatore per trovare una win-win solution. Il sabotatore ha una funzione protettiva e bisogna apprezzarne il ruolo. I clienti devono poter proseguire nel loro processo di sviluppo, ma, al contempo, anche tutelarsi. Alcune volte le paure e le incertezze espresse dal sabotatore danno il polso della necessità di seguire un ritmo o un percorso evolutivo differente.

Se si liquidano i dubbi del sabotatore con superficialità, senza la giusta attenzione ai segnali che i clienti lanciano, si rischia di inficiare l’intero percorso di coaching: il o la coach si trasformerebbero a loro volta in sabotatori del successo del percorso e non aderirebbero quindi al Codice Etico ICF.

COME IL COACHING SUPPORTA NELL’AFFRONTARE IL SABOTATORE

La consapevolezza dei modelli di pensiero e il lavoro di auto-indagine possono aiutare a trasformare la voce sabotatrice interiore in un dialogo positivo e costruttivo. Osservare e comprendere gli schemi è il primo passo verso la consapevolezza.

Il o la coach formulano domande potenzianti perché il o la cliente possa esplorare le radici dei suoi pensieri, identificando credenze limitanti e creando nuove prospettive. In BeMyself utilizziamo anche strumenti di Intelligenza Emotiva grazie alla nostra partnership con Six Seconds. Uno di questi strumenti sono le carte Think-Feel-Act, che aiutano le persone a capire le differenze tra pensieri, sentimenti e azioni, facilitando il o la cliente a identificare le relazioni che sussistono fra i tre e stimolando riflessioni su possibili trasformazioni dei pattern. Visualizzare possibilità e connessioni alternative apre a soluzioni inaspettate.

Gli spostamenti spaziali sono un altro strumento che può essere utilizzato. Esistono diverse modalità per sollecitare i o le clienti ad assumere un punto di vista differente: chiedere loro di mettersi nei panni della “parte avversa” oppure di spostare il punto d’osservazione all’esterno, o anche di immedesimarsi in una persona di riferimento per loro. Queste tecniche di visualizzazione permettono l’assunzione di punti di vista differenti. Altre visualizzazioni invece permettono di immaginarsi a obiettivo raggiunto e quindi di percepire le emozioni motivanti del successo: immaginare il risultato che si desidera alimenta un senso di autoefficacia e autostima che permetterà una trasformazione del dialogo interiore da negativo a positivo.

Le parole con cui parliamo a noi stessi e agli altri sono fondamentali e influenzano le nostre percezioni di noi e del mondo. La riformulazione positiva e feedback costruttivi sono altri strumenti di cui il o la coach può avvalersi per trovare un terreno comune con il sabotatore e facilitare il cambiamento. 

Il coaching accompagna nel naturale percorso di evoluzione proprio a tutte le persone. Ciò non significa che il o la coach eliminino l’elemento di fatica che caratterizza ogni cambiamento. Grazie al coaching però sarà possibile prendere consapevolezza, accettare e quindi superare quelle resistenze che naturalmente si oppongono a qualsiasi cambiamento.

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