Quando si intraprende un percorso di coaching, solitamente si dà avvio a un processo che può avere vari effetti sulla vita personale e professionale. Durante gli incontri di coaching le persone hanno la possibilità di essere facilitate nel cambiamento grazie al supporto di domande potenti e di alcuni strumenti.
Spesso accade che chi si avvicina al coaching non abbia ben chiaro come un percorso di coaching possa essere utile o funzionale. Molte volte le persone non sanno nemmeno cosa sia il coaching. Quello che accomuna tutti coloro che si rivolgono a un coach è la voglia di uscire da una situazione in cui non si sentono soddisfatti e appagati. In altre parole, si rivolgono al coaching coloro che desiderano un cambiamento nella loro vita, pur senza sapere cosa stiano cercando di preciso.
IL CAMBIAMENTO INTERIORE: MAGGIORE CHIAREZZA
Il primo effetto che si ha quando si intraprende un percorso di coaching è quindi una maggiore chiarezza. Conoscere sé stessi in maniera profonda e consapevole è il trampolino di lancio per raggiungere una maggiore efficacia nella propria vita. Per questo partiamo dal “chi”: la prima fase del nostro metodo prevede un’esplorazione profonda dei comportamenti messi in atto, dei valori, dei talenti e delle competenze di intelligenza emotiva attraverso strumenti scientificamente validati.
Quello che vive solitamente una persona durante una sessione (o di un percorso) di coaching è una rivelazione dei desideri più nascosti, e quindi di un maggiore focus sugli obiettivi reali. In pratica, grazie alle domande e agli strumenti, vengono portati a galla, oltre ai punti di forza e alle aree di miglioramento della persona, anche pregiudizi e pensieri limitanti.
Per capire meglio, facciamo un esempio.
Marco lavora come responsabile della qualità in un’azienda meccanica di medie dimensioni. Ha 50 anni e, da diverso tempo, è insoddisfatto del suo lavoro. Ritiene che il suo capo ultimamente lo maltratti e non lo rispetti: ha la percezione che non abbia più fiducia in lui. Marco si dedica anima e corpo all’azienda, sottraendo tempo alla famiglia e al riposo, rispondendo a telefonate serali del titolare dell’azienda, facendo molte ore di straordinari anche nel weekend. Non sa di preciso cosa fare: vorrebbe cambiare lavoro, ma teme di essere troppo vecchio per rimettersi in gioco. Sicuramente, non vuole più continuare a sopportare una situazione d’insoddisfazione e stressante come negli ultimi mesi.
Durante la prima sessione, attraverso la restituzione del questionario sugli stili comportamentali e sulle competenze di intelligenza emotiva, Marco ha la possibilità di vedersi attraverso il rispecchiamento del coach e dei report generati dai questionari autopercettivi precedentemente compilati. Marco riconosce che uno dei suoi talenti principali è quello di trasformare il pensiero in azione: non attende che le cose accadano, ma è proattivo nel reagire alle situazioni e nel trovare soluzioni. Intuisce che questo è il motivo per cui il suo capo, che ha caratteristiche differenti, fa molto affidamento su di lui. Di conseguenza, si rende conto che il titolare dell’azienda ha un atteggiamento incalzante nei suoi confronti a causa della profonda fiducia che ripone in Marco.
Inoltre, egli capisce che trascurare gli interessi che lo ricaricano di energia positiva nuoce alla sua performance: individua come area di miglioramento la sua disponibilità nei confronti del lavoro. Marco si sente appagato quando riesce a essere utile agli altri, ma sente la necessità di mettere dei paletti a questa sua inclinazione.
Infine, comprende come l’idea di essere troppo vecchio sia un pensiero limitante perché gli anni di esperienza accumulata lo rendono un candidato appetibile per qualsiasi azienda, grazie alle sue competenze tecniche e relazionali. Capisce che i suoi talenti lo potrebbero portare a esplorare nuove realtà lavorative, ma che potrebbe anche utilizzarli per migliorare la sua condizione attuale, parlando chiaramente con il titolare dell’azienda.
Questo cambio di prospettiva fa sì che Marco si senta più leggero e appagato. Egli acquisisce così una maggiore chiarezza delle diverse possibilità: laddove prima si sentiva incastrato in una situazione senza via di uscita, ora sente di avere tutti gli strumenti e le capacità per poter migliorare la sua condizione e identifica differenti opzioni possibili.
In altre parole, riacquisisce fiducia e autostima: i passi successivi sono vagliare le possibilità, definire un obiettivo che Marco senta realmente appartenergli e strutturare un piano d’azione.
IL CAMBIAMENTO INTERIORE: MAGGIORE AUTOEFFICACIA
Quindi, il secondo effetto, derivante dal primo, è una sensazione di accresciuta autoefficacia, data da fiducia e autostima. Quando si rivelano nuove opportunità e il cliente sente di avere i mezzi per realizzarle, è naturale provare un’energia positiva e attivante. La sensazione di “essere in grado di fare” alimenta “la volontà di fare” e spinge a passare all’azione.
In BeMyself abbracciamo metodo e codice etico della International Coaching Federation.
Il processo di coaching è responsabilità del coach, che gestisce le fasi della sessione, stabilendo prima accordi (competenza n.1 dell’ICF) e poi facendo crescere fiducia e sicurezza (competenza n.2 dell’ICF). A questo punto sarà più facile per il cliente mettere il focus su ciò che desidera realmente, declinandolo in un obiettivo SMART.
Ritornando all’esempio di Marco, egli vede ora queste opzioni:
- Parlare con il titolare per definire con più precisione la loro relazione e la posizione di Marco in azienda
- Vagliare nuove opportunità lavorative che gli consentano di avere un maggiore equilibrio vita-lavoro
- Mettere in pratica un cambiamento del proprio ritmo lavorativo senza confrontarsi con il titolare dell’azienda
Tutte tre le possibilità sono plausibili per Marco. Altra responsabilità del coach sarà quella di danzare con il movimento, ossia di assecondare le esigenze del cliente, andando dove lui o lei desiderano andare. Dopotutto, i contenuti e gli esiti del percorso di coaching sono di competenza del cliente stesso.
Durante le sessioni di coaching è essenziale che ci sia un’astensione dal giudizio e che il cliente si senta accolto a tutto tondo per come è. Ognuno conosce cosa è meglio per sé: il processo di coaching è una facilitazione in questo senso. Il coach non dovrà dare una sua interpretazione dei fatti o opinione sulle opzioni: egli dovrà rimanere presente (competenza n.3 dell’ICF) e ascoltare attivamente ciò che il cliente dice e non dice (competenza n.4 dell’ICF) per restituire parole, emozioni e percezioni che possano supportare il cliente in una maggiore comprensione di sé e dei propri obiettivi.
Il cliente acquisirà così nuove consapevolezze su ciò che desidera o meno, e su ciò che è disposto a fare o no per sé stesso.
DALLA CONSAPEVOLEZZA ALL’AZIONE
Nella sessione, o durante una serie di sessioni, le persone scavano in profondità del loro sentire e volere, portando a galla nuove consapevolezze su di sé e sulla situazione che stanno vivendo. L’ultimo passaggio che corona il successo del percorso di coaching è quello che attiva un’azione nuova. Il coaching è estremamente pratico: spinge ad agire per concretizzare il cambiamento. Allineare le azioni con le aspirazioni è ciò che rende le persone soddisfatte. Scegliere consapevolmente il proprio percorso è facile quando si scoprono dentro di sé desideri, motivazioni e possibilità che non si aveva il coraggio di immaginare. Il coaching supporta l’azione perché accompagna il cliente a cambiare prospettiva, a fare un passo fuori dalla zona di confort e dentro quella dell’apprendimento.